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Nicole

 

I

 

Avevamo parlato a lungo, su Facebook, io e Nicole. Lei aveva risposto ad un mio annuncio, su una bacheca di incontri per adulti. Non era un annuncio qualsiasi. Si riferiva ad una mia passione molto, molto particolare. Che coltivavo da ormai un paio di anni, forse più. Mi è sempre piaciuto farmi guardare, lo trovo tremendamente eccitante. Mi ha sempre intrigato, anche, assaggiare il mio seme e a volte addirittura berlo interamente. Col tempo avevo imparato a non far passare l'eccitazione dopo essere venuto, ed anche in alcuni casi a venire senza un vero orgasmo, in modo che mi rimanesse intatto il desiderio dopo avere eiaculato. Col tempo, poi, avevo affinato questi giochi, quasi sempre solitari, e mi ero spinto a bere da bicchieri ed infine a condire con il mio seme delle cose da mangiare. Era diventata una passione forte e bellissima. A volte mangiare il cibo appena condito mi eccitava talmente tanto che subito dopo averlo fatto potevo sborrare ancora, nel giro di pochi minuti dalla prima volta.


Anche se avevo fatto alcune di queste cose con alcune delle mie partner abituali, il più delle volte erano realizzazioni solitarie. Non era dopotutto un'idea che piacesse a tutte, quella di un uomo - etero - che beve e mangia il proprio sperma, o peggio ancora vi condisce dei cibi. Tuttavia a chi intrigava, intrigava molto, come ebbi modo di constatare in diverse e disparate sessioni di chat.
Decisi così di mettere quell'annuncio. Cercavo una partner che mi guardasse venire su cose da mangiare, e mi guardasse mangiarle. Ero disposto anche ad offrire una piccola ricompensa per chi avesse accettato: piccola e simbolica, perché era essenziale un interesse genuino verso la pratica affinché mi potesse eccitare la presenza di una sconosciuta; dovevo quindi scremare le mercenarie in partenza. Tuttavia sapevo che una ricompensa sarebbe stata un incentivo, magari anche solo per affrontare l'inevitabile seppur breve trasferta che incontrarmi avrebbe comportato, giacché non potevo aspettarmi di trovare un'appassionata poiprio dietro l'angolo di casa.


L'annuncio era breve e conciso, poche righe ma molto dirette e chiare. Ne fui soddisfatto dopo averlo composto.
Per molte settimane non rispose nessuno. O meglio chi rispondeva lo faceva per darmi del pirla, del poveretto, o del fuori di testa, quando erano gentili. Lo avevo messo in conto, e in fondo ridevo di chi è così ottuso da prendersi la briga di perdere il suo tempo per offendere uno sconosciuto via mail.
Io invece il mio tempo non lo avevo perso.
Dopo alcune settimane, una risposta in tenore gentile e interessante. Una ragazza poco distante da me si dichiarava intrigata dall'idea e disposta a venirmi a trovare. Seguivano il suo indirizzo mail, ed i saluti.

 

Entusiasta, risposi subito. Nessuna replica però seguì alla mia, per un giorno, due, e per molti altri. Pensai al solito bluff, il mondo degli annunci e delle chat è fatto così.
Passarono altri giorni, niente. Guardavo quella risposta, quell'indirizzo, e qualcosa mi diceva che non dovevano essere falsi. Mi venne un'idea. Dato che quell'indirizzo mail era composto da parole che ricordavano parti di un nome e di un cognome, pensai di cercare quel nome e cognome su Facebook. Venne fuori il profilo di una bella ragazzza sui 23-24 anni, mora, poco lontana da me. Era una pista molto vaga, lei poteva non avere nulla a che fare con la mail dell'annuncio, ma le chiesi l'amicizia. Accettò quasi subito. Mi chiese se ci conoscessimo, ed io risposi che no, però che forse poteva avere risposto ad un mio annuncio. Rimasi nel vago naturalmente, e non accennai a quale contenuto avesse l'annuncio. "Boh, può essere", rispose lei, con una certa mia sorpresa. "Ma cosa dicevi nell'annuncio?" Dovevo giocare scoperto a questo punto, non potevo più girarci intorno. "Beh, si trattava di... cucina... sesso e cucina, per la precisione"... usai questa formula certo che se fosse stata lei avrebbe capito, e se non fosse stata lei non era poi un modo di dire 
che potesse creare troppo imbarazzo o innescare una segnalazione su Facebook per molestie.
"Ah. Sì. Ricordo." rispose Nicole.


Non ci volevo credere. Avevo trovato - facendo tutto un altro giro - la sconosciuta che non rispondeva alle mail.
Non so se mi spiegò perchè non rispondesse alle mail. Ma su FB rispondeva, e volentieri, mi parve.
Mi chiarii in modo esplicito, ripetei più volte a cosa miravo esattamente, a scanso di equivoci. Decidemmo che la cosa per lei era interessante, e che avrebbe potuto venire da me un giorno o l'altro per fare quello che io volevo fare. Lei mi avrebbe solo guardato, come d'altra parte avevo chiesto io nell'annuncio originario.
La conversazione andò avanti per molto tempo su FB, spesso con brevi scambi di saluti, proposte di date utili da parte mia, e regolari rifiuti o - peggio - silenzi da parte sua. Certo, lavorava, aveva impegni con i familiari, non viveva nella mia città. Capivo. Pensai che fosse solamente curiosa e che prima o poi avrebbe smesso di rispondere, le chiesi anche di dirmelo, se dovevo smettere di seccarla. Ma non mi disse così. Un giorno mi disse "Potrei martedì".

 

 

II


Quando la vidi camminare verso di me, alla stazione, ebbi un sussulto di gioia e di calma insieme. Lei procedeva a passo sicuro a fianco della fila di taxi. Io ero parcheggiato all'angolo tra il viale e la piazza della stazione, un punto dove non potresti stare, e comunque non ci puoi stare per più del tempo necessario a sbarcare una valigia o imbarcare una persona cara. O - come nel mio caso - una sconosciuta.
Salì. Le avevo fatto un cenno con la mano, e non aveva esitato un attimo. Sorrise, e salì.


La gioia che provai scaturiva dal fatto che lei di persona era ancora più bella e radiosa di quanto non fosse in foto. Nonostante fosse vestita tutta in nero - d'altra parte ero io che le avevo chiesto di mettersi elegante - aveva un aspetto incredibilmente solare. Aveva il sorriso semplice e disarmante delle persone sincere.
La calma invece mi si riversò dentro prendendo il posto di quella certa ansia che hai sempre prima di un incontro al buio. A maggior ragiome in quel caso, nel quale avevo fatto eccezione alla regola piuttosto ferrrea secondo cui non andavo mai a un appuntamento se prima non avevo sentito la persona al telefono. I bluff erano sempre dietro l'angolo, quindi no phone, no party, era la regola. Facebook invece era stato il nostro solo filo di contatto, ed io non ero davvero certo che lei sarebbe veramente venuta, fino a pochi minuti prima.
Mi sentii subito come se fossi andato a prendere una amica di sempre, ed ora me ne stessi partendo con lei a bordo che mi raccontasse le ultime cose accadute dall'ultima volta che ci eravamo visti.

 

Il tragitto dalla stazione a casa mia durava una qundicina di minuti. Li impiegammo a discorrere di lei, del suo lavoro attuale e di quello passato. Scoprii che soltanto pochi mesi prima lavorava a pochi passi da casa mia, e conosceva bene la mia zona. Arrivati sotto casa, parcheggiai l'auto e decisi che bisognava entrare in tema, per evitare che il parlare del più e del meno ci allontanasse da quell'eccitazione che - sapevo - la pervadeva tanto quanto me; e per rimarcare chiaramente il motivo per il quale eravamo lì. Le chiesi se trovasse strano essere lì per guardare un uomo sborrare sul cibo e mangiarselo. "Strano no, interessante sì", mi rispose. "Ognuno ha le sue passioni, il sesso è bello per questo", aggiunse. Annuii, sorridendo.

 

Nelle mie intemzioni, la vista che le si parò davanti quando aprimmo la porta di casa, date le premesse, doveva essere eccitante. Imgresso su sala, grande tavolo tondo di legno al centro già perfettamente apparecchiato per un pranzo. Per una sola persona, dato che l'accordo era che avrei mangiato solo io: non ci conoscevamo, non era il caso che anche lei si cibasse del mio sperma per il momento. Tovaglia, piatto, scodella, posate di tutto punto e bicchieri. Avevo un sito in cui sono pubblicate diverse foto che mi ritraggono nella pratica di questa mia passione, e lei lo aveva visto: le stoviglie delle foto, non tutte bianche ma ornate da un disegno, erano le stesse che ora Nicole si trovava davanti.
Lei si trovo subito a suo agio, appoggiò la borsa su un basso tavolino di fianco al divano, e si sedette. Era una giornata molto calda di inizio primavera, e non aveva nessun soprabito, solo una giacchetta di panno, nera, con grandi bottoni metallici.


Era la situazione che per tanto tempo avevo immaginato: una sconosciuta, bellissima, in casa mia davanti a un tavolo da pranzo ed io che di lì a poco sarei andato a spogliarmi e sarei tornato nudo pronto a condire una pietamza. E lei pronta a guardarmi. Ero emozionato come uno scolaretto.

"Vado a mettermi in libertà", le dissi dopo averle offerto un bicchier d'acqua e dopo pochi convenevoli di rito. Non avevo potuto trattenermi dal dirlglielo, che ero piuttosto emozionato. Traspariva, ne ero certo. Quando le versai da bere mi tremavano persino le mani. La cosa fa ridere a pensarci: un omone grande e grosso, deciso, con più o meno il doppio degli anni di questa ragazza, emozionarsi. Non era imbarazzo, assolutamente. Credo che fosse eccitazione pura e semplice, adrenalinica. "Non devi", mi rispose lei con un sorriso così dolce che avrebbe fatto innamorare chiunque. Capii in quel momento che Nicole aveva la vocazione della Geisha, quella di servire e far star bene il suo uomo - ma aggiungerei il suo prossimo in generale - in ogni momento.


Peraltro non era un'educanda, Nicole. Il suo trovarsi perfettamente a suo agio in una situazione così particolare, non le veniva solo dal fatto che indiscutibilmente era scattata tra di noi una certa chimica. Nè solo da quello che spero fosse un certo mio savoir faire. Mi rivelò che era scambista, e che era solita con il suo uomo frequentare altre coppie e club appositi. La cosa non mi stupì: pur non essendo un frequentatore di privé avevo avuto diverse esperienze con coppie e con piccoli gruppi in precedenza, sia come singolo che con alcune delle mie compagne, e conoscevo bene quelle situazioni. Mi fece piacere che lei fosse, così giovane, già così aperta mentalmente e già così felicemente giocosa nel suo approccio verso il sesso. Era come me.

 

Tornai completamente nudo, in accappatoio. Passai dalla cucina a prendere quello che sarei andato a condire. Era tardo pomeriggio, i rispettivi impegni ci avevano impedito di organizzarci per l'ora di cena, quindi avevo optato per una cosa molto semplice e che non fosse da preparare. Inizialmente avevo pensato ad un aperitivo, qualcosa come noccioline o tartine o anacardi. Ma per le tartine non avrei avuto il tempo quel giorno, mentre il resto, pur risultando ottimo nell'abbinamento dei sapori che si sarebbe andato a creare, aveva il vizio di essere troppo chiaro come colore. Dato che lei non avrebbe assaggiato, volevo privilegiare l'aspetto estetico. Mi occorreva qualcosa di scuro. Avevo dunque optato per un budino al cioccolato, decisamente fuori orario ma di sicuro impatto visivo quando decorato con il bianco sperma.
Me ne tornai quindi da lei con il barattolo del budino, che appoggiai sul tavolo. Le descrissi il perché della scelta, e lei approvò.


Mi tolsi l'accappatoio e mi mostrai a lei in tutta la mia nudità. Un metro e ottantacinque, novantacinque chili, peloso il giusto, una pancia ben evidente. Non sono mai stato grasso, ma la pancetta o panciona da una quindicina di anni a quella parte non mi mancava. Sicuramente dovevo fare un certo effetto. Sotto alla pancia spiccava, già dura, una bella nerchia sui venti, ventuno centimetri. Nicole mi aveva già visto, in quelle parti, nelle foto sul sito, e credo che non avesse fatto fatica a riconoscermi. Le chiesi come mi trovava, parandomi davanti a lei in piedi, a mò di statua. "Ben messo", rispose. "Fidati, ben messo".

 


III

 

Come ho detto all'inizio, adoro farmi guardare dalle donne. Cominciai ad accarezzare l'asta già eretta, guardando Nicole dritta negli occhi. Lei rispondeva alla grande, fissandomi e sorridendomi, schiudendo leggermente la bocca che era decorata da uno splendido lipstick rosso fuoco. Un bellissimo contrasto con l'incarnato chiaro del volto, gli occhi nocciola scuro e i capelli lisci nerissimi. Era un piacere per lo sguardo, e per la mano che scorreva sulla nerchia eccitando la cappella. I suoi occhi indugiavano ora dentro ai miei, ora su questa cappella lucente e tesa che aveva davanti, a pochi centimetri.


Mi sedetti sul divano, che era a forma di elle, per cui avevo lei alla mia destra sull'altro lato della elle: ruotando appena su noi stessi, potevamo essere contemporaneamente sia vicini che affrontati, una disposizione ottima per godere l'uno degli sguardi e delle mosse dell'altro.
Le esplicitai il mio desiderio nei suoi confronti estraendo la lingua, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Rispose facendo lo stesso, anche se in modo meno plateale, più femminile. Aveva un piercing al centro della lingua, una pallina argentata di piccole dimensioni, che a volte scompariva nella carne della sua lingua a seconda dei movimenti che essa eseguiva.

 

Non avevamo preso un accordo preciso su cosa lei avrebbe fatto a parte guardare, o sul fatto che lei mi avrebbe fatto vedere qualcosa o meno. L'unica cosa prestabilita era che io avrei sborrato sul cibo e lei mi avrebbe guardato, nulla più. Non avevamo deciso se lei mi avrebbe in qualche modo aiutato a venire o se avrei fatto tutto da solo basandomi semplicemente sulla sua presenza.
Alternai ripetutamente la posizione in piedi e quella seduta, sempre continuando ad accarezzarmi asta e cappella.
Decisi che era il momento di preparare il piatto: presi il budino, aprii la confezione e le mostrai il contenuto, il suo colore. "Direi che va bene", annunciò.
Aiutandomi con il cucchiaino che avevo ben disposto sulla tavola, nella posizione del dessert sopra alle stoviglie, versai il budino nel piatto e ve lo distesi per bene in modo che formasse un unico letto color cioccolata: una destinazione visivamente perfetta per i fiotti che di lì a poco sarebbero sgorgati dalla mia cappella per andare a glassare il tutto. "Bello", disse Nicole.

 

Mi andai a disporre in piedi, davanti a lei che nel frattempo era rimasta seduta sul divano, e continuai a masturbarmi l"uccelllo. In veritá non avevo mai smesso di accarezzarmi asta e cappella, dall'istante in cui mi ero levato l'accappatoio. I miei occhi affondavano nei suoi mentre lo facevo, e i suoi ora si abbassavano a guardarmi il cazzo, ora si alzavano ad offrirmisi nella loro eccitante ed eccitata interezza. Mentre lo faceva, la sua bocca sorrideva di un sorriso dolce e sensuale allo stesso tempo. Sapeva bene l'effetto che quell'alternanza di sguardi faceva su di me, e sapeva che io lo sapevo. 

 

Mi avvicinai ulteriormente a lei, con il cazzo all'altezza esatta del suo viso.
"Vuoi toccarlo?", le dissi. "Tu vuoi?" rispose lei. Non ricordo se le risposi a voce oppure le feci semplicmente un cenno di assenso con la testa. Lei allungò la mano destra e mi prese in mano l'uccello, cominciando a muovere in su e in giù. Era brava e le piaceva, si capiva bene. Alternava movimenti dolci e leggeri a colpi più profondi che arrivavano a scappellare tutta l'asta, a volte così profondi e forti che mettevano alla prova la resistenza del frenulo.


Non passarono molti minuti prima che le chiedessi se voleva anche prenderlo in bocca. Questa volta fu lei ad annuire con un semplice cenno del capo, in silenzio. Con un sorriso dolce e malizioso abboccò la cappella e prese a muoversi ritmicamente in modo da avere in bocca ora solo la punta, ora tutta la verga. Io lo tenevo in mano, e sentivo il suo piercing stimolarmi la cappella. Alternavo puntate esterne alla sua bocca, in cui me lo menavo avidamente da solo, a puntate interne dove le facevo succhiare la cappella, cosa che eseguiva con una certa abilità e - sì vedeva - una certa dose di piacere.
Era stata una giornata calda, e io non avevo avuto il tempo di fare una doccia prima di dedicarmi a lei. L'asta non era così del tutto libera da odori e sapori: potevo sentirne io stesso l'odore, forte ed eccitante.
Glielo feci notare, e dissi che un cazzo del tutto pulito non sa di molto, e che pensavo dopotutto fosse meglio così. Lei annuì con chiarezza e decisione. La fece godere, questo pensiero, e notai che si gustava il sapore in tutto il suo splendore.


"Posso baciarti?", le chiesi in uno dei momenti in cui il cazzo era fuori e i suoi occhi mi si gettavano addosso. Lei estrasse la lingua e attese la mia. Non furono solo baci, ma anche e soprattutto leccate di lingua. Lei protendeva la sua, a bocca spalancata, ed io la leccavo come fa il gatto con un piattino di latte. Viceversa, io facevo pendere la mia lingua sopra di lei, e lei me la leccava come fosse un gelato alla panna. A entrambi piaceva molto questa cosa, non c'era dubbio. Sentire i nostri reciproci sapori ci provocava una grandissima eccitazione e un gran senso di vicinanza.

 


IV
 
Continuammo così, alternando carezze intime, cazzo in bocca, baci, e lingue accostate, non so precisamente per quanti minuti. Sicuramente non pochi. A me piaceva sentire nella bocca di lei il sapore del mio cazzo, e con le dita raccogliere la piccola gocciolina che ogni tanto spuntava dalla punta eccitata della cappella, per poi leccarmele avidamente sotto gli sguardi di lei; e subito dopo baciarla per farle a mia volta sentire il sapore. Era una bellissima confusione di lingue, di mani e di cazzo.
 
A un certo punto, una delle volte in cui passai dall'esterno all'interno della sua bocca, il suo pompino prese a farsi più deciso e profondo: mi appoggiò una mano sulla gamba e con l'altra prese a scorrere tra asta e palle, palle e asta, asta e palle. Era un massaggio caldo e amorevole, mentre la bocca non si staccava dalla cappella, le labbra indugiavano e avvolgevano il solco, e gli occhi non si allontanavano dai miei.
Era quel tipo di lavoro che in pochi minuti avrebbe potuto portare all'acme chiunque.
Dopo essermelo goduto il più possibile, decisi che era il momento di fare quello che dovevamo fare.
 
"Adesso sborriamo", le dissi. Usai proprio il plurale, a sottolineare che eravamo in due a creare quell'eccitazione e quell'evento. Non io solo, ma noi due, io e lei, avremmo sborrato.
 
Mi portai quindi verso il tavolo, dove mi aspettava il piatto con il budino in bella vista.
"Vieni" - le dissi - "avvicinati, così mi vedi meglio". Lei si alzò in piedi e si avvicinò a me e al tavolo. "Inginocchiati, anzi mettiti accosciata", aggiunsi quando vidi che così facendo la sua prospettiva sarebbe stata perfetta. Lo fece con un sorriso di soddisfazione ed eccitazione insieme.
Quando fu accosciata, con il viso proprio all'altezza del cazzo e del piatto, notai che anche per me quella era la vista perfetta. Avevo la sua bocca così vicina che non potei fare a meno di chiederle un'ultima boccata - dissi proprio così - prima di sborrare. "Un'altra boccata ancora, dai, e poi sborriamo".
Tolsi il cazzo dalla bocca di lei, lo diressi verso il piatto, e diedi ancora quattro o cinque colpi di mano, profondi e stretti sulla cappella.
 
La sborra cominciò a uscire piano piano, come un fiumicello che andasse ad inondare il mare di cioccolata che stava sotto. Uno, due, tre fiotti lenti e corposi, liquidi e bianchi, che diressi sapientemente in vari punti del budino.
Poi l'orgasmo esplose.
Un altro fiotto, più forte, denso e abbondante, andò a condire il budino davanti agli occhi di Nicole, sgranati. Un quinto fiotto, incontrollato, schizzò con forza e velocissimo in avanti, tanto che passò volando sopra il piatto e finì sulla tovaglia, con mio leggero disappunto per lo spreco, e con un gridolino di sorpresa che sfuggì anche a lei. Infine altri due o tre fiotti più calmi e man mano meno abbondanti andarono a concludere la glassatura del budino.
Furono alla fine ben sette o forse otto in tutto i fiotti di caldo seme, per quella che fu a tutti gli effetti una sborrata da ricordare.
 
E dopo di quello, ancora mi aspettava l'eccitazione di prendere il cucchiaino e gustarmi, davanti a lei, il prodotto della nostra comune esperienza. Lo feci, sorridendole e esibendomi, tra i suoi sguardi misti di ammirazione, divertimento, e forse quel pizzico di eccitazione che anche a lei, pur non essendo stata direttamente stimolata, rimaneva addosso dopo aver avuto il cazzo in bocca e guardato tutto quello spettacolo. Mangiai tutto. Buonissimo, indescrivibile, credetemi. Un'esperienza da ripetere.
 
Paolo

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